End of Waste: la recente sentenza della Corte di Giustizia Ue
Con la recente sentenza del 28 marzo 2019, causa C-60/18, la Corte di Giustizia Ue ha dichiarato che l’articolo 6, paragrafo 4 della direttiva 2008/98/Ce consente ad uno Stato membro di stabilire che, in assenza di criteri unionali, un rifiuto possa cessare di essere tale solo se siano stati definiti, a livello nazionale, criteri di portata generale.
Infatti, ricorda la Corte, uno Stato membro ha la facoltà e non l’obbligo di emanare tali tipologie di criteri.
E nel caso in cui si astenga, dal momento che i criteri definiti dall’art. 6 della Direttiva quadro sui rifiuti non possono, di per loro, consentire di dimostrare direttamente che taluni rifiuti non devono più essere considerati tali, l’operatore «non può esigere l’accertamento della cessazione della qualifica di rifiuto da parte dell’autorità competente dello Stato membro o da parte di un Giudice di tale Stato membro».
Si ricorda che il diritto estone relativo all’end of waste differisce da quello italiano, che, nella formulazione attuale (art. 184-ter d. lgs. 152/2006), permette che con autorizzazione ordinaria siano fissate, caso per caso, le caratteristiche delle sostanze “ex mps”.
La Corte non esclude tale possibilità per uno Stato membro, laddove chiarisce che «gli Stati membri possono prevedere la possibilità di decisioni relative a casi individuali, in particolare sulla base delle domande presentate dai detentori della sostanza o dell’oggetto qualificati come “rifiuti”»